jueves, 10 de septiembre de 2009

CAFÉ LITERARIO LUZ Y LUNA, JORNADA DEL 29 DE AGOSTO,MASSIMO GIANNOTTA, ITALIA

CANTO DEL MARINAIO
Da ‘PORTOLANO di mari iperborei’








Accanto
ai fragili legni
e l’esitante bussola

ai fragili legni

tra noi e l’abisso

sono amiche le stelle
le decrepite stelle

dimenticate stelle senza voce

gettate là
nel drappo della notte.


[Massimo Giannotta]






Corvi
Da ‘Incerte Latitudini’










Chi dispiega
la sua mappa di disperazione
disegnando
percorsi spezzati e sghembi

da una taverna
a una vecchia bottega di libri

da un laboratorio alternativo

a funebri sezioni di partito

e incautamente conta
i fili d’erba
che spuntano guardinghi dagli asfalti turchini

disperatamente si finge distratto

la mano in tasca
sempre
contratta intorno al sasso.


I corvi

non visti dall’alto

trascinano vite rapaci

hanno becchi crudeli atti a strappare gli occhi
roche voci
e infinita crudeltà.


I corvi
non seppelliscono i loro morti

non pronunciano
giuramenti di fedeltà


aspettano

la tranquilla indolenza
della primavera

quando
dimentichi del nemico
si ruba
l’amore clandestino nei crocicchi

e prima di immergersi
nel verminaio di vie
si indugia troppo

davanti
a neri portoni profondi come avelli.


E’ impedito
persino
il dolce dilatarsi meridiano dei pensieri

nessuno cerca comprensione

alcuni resistono

molti
si rinchiudono in se stessi
e silenziosamente muoiono

in questa città
dal cielo spento
tormentato da neri voli

in questa città condannata
ingombra di diroccate rovine
assediata da campagne selvagge

meglio non stare allo scoperto.

[Massimo Giannotta]






DEI VENTI
Da ‘Incerte latitudini’


De ventis aëris et maris
Ventus est unda aëris, sicut unda
est ventus maris.
Campanella



Queste strade pietrificate
gli spezzati percorsi

del vento
a contraddire gli umori

il caffè il giornale il barbiere
(brusio della folla)
vivere o sopravvivere vestiti di latta
calzati di ruote

cieli imbronciati ingabbiati nei fili
trappole per il vento

anche la primavera
rimarca per principio la sua assenza
nascosta nelle pieghe dell’asfalto
negandosi caparbiamente alle formiche
che si affacciano da monticelli polverosi
sporgono la testa
e si rintanano deluse.

Le piazze
lugubri senza di loro
sono deserte palestre per i giochi del vento
che soffia da sud e puzza di sangue
odore rassegnato di putrefazione
e con grazie corrotte
continua
a blandire la primavera
immobile nelle fessure del selciato

nessuna ricerca
di inutili consolazioni
meglio spiegazioni improbabili
o altre più o meno deprimenti storie
nel verde delle ville
a eludere ogni disciplina

ci avventuriamo
per dimenticare le folle di fantasmi
maschere di cartongesso atteggiate a sorriso
a profonda comprensione degli altri.

Preferisco i cimiteri
i colloqui pieni di pudore dei morti
non il discrimine, lo spartiacque

a estremi gesti simbolici e corpi straziati
preferisco i marmorei silenzi
le fossili assenze
il buio di gallerie abbandonate
simili a sepolture

mi scopro incapace di capire
o recalcitrante o perfino ribelle
assediato da mostri virtuali
sperduto
in labirinti cromati,
tra chips made in Japan o in altri improbabili posti

medicinali scaduti
tempo scaduto
caduta
senza fine

ghirigori di brezza

depressione
dal fronte polare verso i 60° di latitudine
muove la macchina del vento

la sera.








[Massimo Giannotta]






MARE DI FERRO
Da ‘Incerte latitudini’





Accorti pensieri
a rivangare un passato doloroso e segreto

prigionieri dell’aiuola spartitraffico
potessimo levarci ogni giorno nuovi come il sole

la notte
e i ciclopici occhi della ronda dei tram
talvolta a insidiarci

e il mare di ferro delle auto

risacca sonora su quest’isola straniata
su cui neri uccelli volteggiano
alla ricerca rapace di cibo.


Qualcuno piangeva su nere scogliere in un passato lontanissimo
prima di costruire fragili zattere
con noi assediati nell’oceano di macchine

quando azzarderemo il salto
quando sarà insopportabile la sete
di nuove Penelopi
che hanno già preso il mare
e non confessano che forse ci stanno cercando.

Ma ora è ora di andare
è ora sull’incerta zattera
nell’incerta promessa d’aurora di andare.

Per senno
simili per senno agli dei.

E’ spento il focolare
non resta che fredda cenere

ma il nostro sangue brucia
contro il freddo

mentre si congeda la notte.




[Massimo Giannotta]

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